SEPARAZIONE: Addio al
mantenimento dell'ex moglie
Come le più
recenti pronunce della giurisprudenza hanno ridimensionato, e in certi casi
azzerato, l'istituto assistenziale
In sede di
separazione, all'obbligo di assistenza morale e materiale imposto
reciprocamente ai coniugi durante il matrimonio, si sostituisce il dovere di
contribuire economicamente al mantenimento del coniuge privo di adeguati
redditi propri.
La somma di
denaro, da corrispondersi su specifica domanda del coniuge al quale non sia
addebitata la separazione, viene commisurata in considerazione dei mezzi
dell'onerato e dei bisogni del richiedente.
L'istituto
del mantenimento, pertanto, trova la sua ratio nella tutela del coniuge
economicamente più debole, mirando a garantirgli lo stesso tenore di vita
goduto in costanza di matrimonio.
Che per
molto tempo la giurisprudenza abbia inteso operare un'identificazione
pressoché totale tra la nozione di coniuge economicamente debole e quella di
moglie emerge sintomaticamente dai numerosi provvedimenti di legittimità e
di merito con i quali è stato onerato del mantenimento anche l'ex-marito
rimasto senza lavoro (cfr. Cass. civ. 12125/1993) e lo stesso mantenimento è
stato disposto in favore della ex-moglie in grado di svolgere attività
lavorativa, seppur precaria (cfr. Trib. Padova 21.03.2003).
Del pari, in
caso di addebito della separazione al marito, la sola capacità
lavorativa della moglie, in assenza di prova di rifiuto di occasioni di reddito
da lavoro da parte di quest'ultima, è stata da sola ritenuta elemento non
idoneo a negare l'assegno in suo favore (cfr. Cass. civ. 12121/2004) e, se
prima della separazione i coniugi avevano concordato che uno di essi non
lavorasse, l'efficacia ultrattiva riconosciuta a tale accordo è stata posta
alla base del diritto alla moglie di ricevere il mantenimento anche
successivamente (cfr. Trib. Novara 07.09.2009).
Tale
orientamento, tuttavia, è stato recentemente posto in discussione da alcune
decisioni che hanno intaccato il dogma del mantenimento e con esso
l'automatica equiparazione tra moglie e soggetto economicamente più bisognoso
(leggi in merito: "Niente assegno all'ex moglie se può andare a lavorare";
"Cassazione: se la donna è in grado di lavorare può
dire addio al mantenimento" e ancora "Mantenimento: niente assegno all'ex moglie che non
lavora per pigrizia")
Il "revirement" della
giurisprudenza
La strada
imboccata dalla recente giurisprudenza, soprattutto di legittimità, è quella di
un maggiore rigore nel riconoscimento del diritto all'assegno
di mantenimento.
In
particolare, per la recente Cassazione, occorre una valutazione dell'attitudine
di ciascun coniuge a procurarsi degli introiti, e il mantenimento in favore
della ex-moglie non può essere disposto in assenza di impossibilità oggettiva
in capo alla stessa di procurarsi mezzi adeguati per conseguire un tenore
di vita analogo a quello goduto durante il matrimonio mentre svolgeva mansioni
di casalinga (cfr. Cass. civ. 11870/2015; nello stesso senso Cass. n.
24324/2015).
Se poi, in
caso di relazione extraconiugale della moglie benestante, questa non provi la
mancanza del nesso eziologico tra l'infedeltà e la sopravvenuta intollerabilità
della convivenza, sarà essa stessa a vedersi addebitare la separazione con
obbligo dover corrispondere il mantenimento all'ex-marito (cfr. Cass civ.
10823/2016).
Del medesimo
avviso anche la giurisprudenza di merito, che ha negato il diritto al
mantenimento per la donna il cui ex-marito si trovi a dover pagare le rate del
mutuo della casa coniugale assegnatale e a sostenere al contempo le spese di un
nuovo alloggio per sé (cfr. Trib. Roma 31.05.2016) e ha escluso, in sede di
cessazione degli effetti civili del matrimonio, il diritto all'assegno divorzile per l'ex-moglie
lavoratrice, già beneficiaria del mantenimento al tempo della separazione, che
nel frattempo abbia intrapreso una convivenza stabile con altra persona,
quando l'ex marito sia stato licenziato dal posto di lavoro (cfr. Trib. Napoli
23.03.2016).
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